Abstract
Le memorie traumatiche sono residue di un’esperienza terrificante e insostenibile che il soggetto non è riuscito ad integrare come parte del suo vissuto a causa di una dissociazione strutturale e funzionale alla sopravvivenza di uno stato del sé già fragile, come nel DBP. In tale analisi ci focalizzeremo in particolar modo quindi sul concetto di dissociazione, sul contenuto e l’organizzazione delle memorie traumatiche e di come queste trovano modo di espressione nella somatizzazione e in altre reazioni psicosomatiche.
Abstract
Traumatic memories are residues of a terrifying and unbearable experience that the subject has not been able to integrate as part of his experience due to a structural dissociation and functional to the survival of an already fragile state of the self, as in BPD. In this analysis we will focus particularly on the concept of dissociation, on the content and organization of traumatic memories and how they find a way of expression in somatization and other psychosomatic reactions.
L’Associazione Italiana di Psicologia e Criminologia – APS è una no-profit fondata nel 2001, un’equipe multidisciplinare di professionisti volontari che si occupa della violenza in genere, in modo circolare e che si avvale di collaborazioni istituzionali. Nel 2011, con la collaborazione particolare della dott.ssa Tiziana Calzone, della dott.ssa Carmen Pellino e del dott. Massimo Lattanzi, è stato strutturato il protocollo scientifico integrato A.I.P.C. Scientific Violence Screening che prevede un assessment specifico della valutazione del rischio.
La prossima diretta FCV il 03 agosto alle ore 18:00 sarà dedicata a: I delitti familiari: Il duplice omicidio di Lecce – il profilo dell’autore.
È possibile seguire le dirette FCV sulla pagina Facebook dell’Associazione Italiana di psicologia e Criminologia e sul profilo Facebook di Massimo Lattanzi.
Il vissuto traumatico è un’esperienza esterna minacciosa, insostenibile ed inevitabile che comporta un’azione di disconnessione e dis-integrazione come fallimento delle funzioni di integrazione del senso del Sé e conseguente frammentazione, provocando discontinuità nell’esperienza e del ricordo di essa, dovuta allo stato di ‘congelamento’ (freezing), funzionale alla sopravvivenza. Sembra che le esperienze traumatiche, soverchiando le capacità di difesa dell’individuo, avvicendino le usuali risposte difensive di attacco e fuga sostenute dall’attivazione simpatica adrenergica, reazioni fisiologiche tipiche alla paura, con un’arcaica risposta vagale troncoencefalica evolutasi con lo scopo di offrire protezione di fronte a condizioni estreme delle quali non è possibile fuggire.
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L’attivazione di questo sistema di difesa arcaico provoca la disconnessione tra i diversi livelli funzionali della mente, impedendo l’integrazione dell’evento traumatico nella vita psichica e causando discontinuità e frammentazione della coscienza e della memoria (Nijenhuis et al 1998, Putnam 1997, Schore 2009).
Questo può avvenire nei casi di abusi fisici, sessuali, violenze o esperienze reiterate di maltrattamento fisico o emotivo, in cui vi sono gravi mancanze di protezione da parte delle figure significative (neglect), che costituiscono traumi in quanto determinano per il bambino esperienze ripetute di minaccia soverchiante da cui è impossibile sottrarsi. Inoltre, se l’autore di questi comportamenti è il genitore o una figura significativa, questo si trasforma da fonte di protezione a fonte di allarme e pericolo, determinando una condizione di “paura senza sbocco” (Main e Hesse 1990), che è determinata dall’interazione con un genitore gravemente trascurante, maltrattante, a sua volta dissociato o spaventato, che impedisce al bambino di organizzare in maniera coerente i normali comportamenti di attaccamento.
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Il ricorso continuo a processi dissociativi di distacco durante lo sviluppo, per il ripetersi di condizioni di minaccia insostenibile, insieme ad altri meccanismi patogenetici, sembra ostacolare in maniera permanente le capacità integrative dell’individuo provocando i sintomi da compartimentazione e la dissociazione strutturale della personalità (Liotti e farina 2011, van der Hart et al 2006). Il caratteristico stato mentale del DBP analogo ad una lieve e continua, benché fluttuante, dissociazione, che ricopre in modo pervasivo lo stato del sé del soggetto, sembra essere il risultato della reiterazione dell’esperienza traumatica e della necessità del soggetto di difendersi sia dall’esperienza esterna in sé, sia dal vissuto emotivo ad essa correlato.
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Il trauma induce quindi ade una sottile regressione del funzionamento della coscienza stabilizzandosi a livelli più bassi dell’organizzazione gerarchica della mente, cosicché il contenuto traumatico e il suo correlato emotivo non elaborato trovi possibilità di espressione solo nella realtà esterna attraverso meccanismi primitivi e nella dimensione somatoforme. Questo cronico e pervasivo stato mentale, inoltre, sembra inficiare sulle funzioni cognitive deputate alla memoria autobiografica relativa ad eventi specifici.
Bibliografia
Liotti, G. (2011). Farina B. Sviluppi traumatici. Eziopatogenesi, clinica e terapia della dimensione dissociativa.
Main, M., & Hesse, E. (1990). Parents’ unresolved traumatic experiences are related to infant disorganized attachment status: Is frightened and/or frightening parental behavior the linking mechanism?.
Nijenhuis, E. R., Spinhoven, P., Van Dyck, R., van der Hart, O., & Vanderlinden, J. (1998). Degree of somatoform and psychological dissociation in dissociative disorder is correlated with reported trauma. Journal of traumatic stress, 11(4), 711-730.
Putnam, F. W. (1997). Dissociation in children and adolescents: A developmental perspective. Guilford Press.
Schore, A. N. (2009). Attachment trauma and the developing right brain: Origins of pathological dissociation.
Van der Hart, O., Nijenhuis, E. R., & Steele, K. (2006). The haunted self: Structural dissociation and the treatment of chronic traumatization. WW Norton & Company.
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